Seaspiracy è un documentario di denuncia sul mondo della pesca commerciale e tutto quello che nasconde, interpretato e diretto da Ali Tabrizi, uscito nel 2021 (disponibile su Netflix).

Cerca di rispondere alla domanda: esiste una pesca sostenibile?

Vediamo qui i punti fondamentali del documentario per rispondere a questa domanda e capire cosa possiamo fare come singoli individui.

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Ogni anno vengono pescati 2.7 trilioni di tonnellate di pesci, 5 milioni al minuto. Stiamo quindi letteralmente prosciugando il mare!

Uno dei metodi più tremendi e distruttivi è la pesca a strascico: una pratica utilizzata nella pesca commerciale in tutto il mondo che consiste nel trascinare un’enorme (potrebbe contenere una cattedrale) e pesante rete sul fondo dell’oceano, tirando su tutto ciò che incontra e trasformando i fondali marini in deserti senza vita.

Una delle conseguenze di questa pesca intensiva è la cattura accessoria, per cui balene, delfini, squali, tartarughe e tanti altri animali vengono uccisi senza essere “interessanti” per il mercato ittico e ributtati in mare morti o feriti.

I numeri sono strazianti, 250.000 tartarughe all’anno solo negli USA, 10.000 delfini all’anno solo sulle coste francesi. Per fare un confronto, ogni anno 1.000 tartarughe vengono uccise in tutto il mondo a causa della plastica. La pesca ne uccide un numero incredibilmente maggiore!

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Questa strage di creature stupende ed intelligenti crea anche un enorme danno ambientale.

Balene e delfini quando salgono per respirare contribuiscono a fertilizzare il fitoplancton che, da solo, ogni anno assorbe il quadruplo dellanidride carbonica che assorbe la foresta amazzonica e genera l’85% dell’ossigeno che respiriamo!

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Problema PLASTICA

Tra plastica e microplastiche il mare è di fatto una gigantesca discarica. Il 46% della plastica in mare è costituita da reti da pesca!

Le cannucce di plastica rappresentano lo 0,03% della plastica in mare.

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Follow the money

Associazioni ed enti certificatori che dovrebbero garantire la tutela degli oceani e dei suoi abitanti, in realtà, sono sul libro paga delle stesse compagnie che loro dovrebbero controllare, in un perenne conflitto di interessi.

Il marchio “salva delfino” sulle scatolette di tonno è una bufala! Dovrebbero andare dei “controllori” sui pescherecci a vedere quanti delfini vengono uccisi (pescati/catturati per sbaglio) ma alla fine non viene fatto, sono gli stessi pescherecci a doverlo dichiarare. E anche qualora i controlli venissero fatti la corruzione è all’ordine del giorno. Noi consumatori siamo proprio presi in giro.

I governi finanziano l’industria ittica con sussidi pari a 35 miliardi di dollari all’anno, derivanti dalle nostre tasse, di fatto sussidi che sono dati per continuare a distruggere i nostri mari!

Alcuni numeri:

  • Il 90% dei pesci di maggiori dimensioni è già scomparso dai mari.
  • Del tonno rosso rimane meno del 3% dell’intera specie, praticamente estinto.
  • 30.000 squali vengono uccisi ogni ora.
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L’allevamento ittico è la soluzione?

Queste le sue caratteristiche: piccole gabbie, migliaia di pesci fittissimi e malati. E’ stata fatta un’indagine sulla situazione in Scozia, uno dei principali produttori al mondo di salmone: migliaia di salmoni mangiati vivi dai parassiti e carne riempita di coloranti per renderla arancione.

Inoltre l’inquinamento derivante dagli allevamenti ittici è devastante per l’ambiente: rifiuti biologici, antibiotici, antiparassitari e altre sostanze chimiche vengono versate in mare senza nessun tipo di filtro.

L’ alimentazione dei pesci carnivori (salmoni) è a base di farine di pesce e olio di pesce, derivanti dalla pesca in mare aperto, in un circolo vizioso non sostenibile: serve 1,2 kg di pescato per ogni kg di pesce allevato!

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A tutto questo si aggiunge una tragedia a livello umano: la schiavitù nell’industria ittica. In ben 47 paesi nel mondo uomini di tutte le età vengono tenuti come schiavi a lavorare per anni su pescherecci, rendendo così ancora più redditizio il tutto per le grandi compagnie. Nel documentario si sentono alcune interviste strazianti ad alcuni che sono riusciti a fuggire da queste situazioni.

Esiste dunque una pesca commerciale sostenibile? NO…

Non lo sarebbe in nessun caso dal punto di vista etico ma non lo è nemmeno dal punto di vista ambientale e umano.

Alcuni potrebbero pensare di pescare da soli o di rivolgersi a pescatori di piccoli pescherecci, ma è una soluzione applicabile su vasta scala? Siamo troppi per poter far funzionare questo concetto. Ancora una volta il consumo dovrebbe essere ridotto così drasticamente da diventare uno sfizio, ma come potrebbe essere gestita all’atto pratico questa cosa? Non dovrebbe esserci pesce disponibile nei supermercati, nei ristoranti, ecc…

E in un ragionamento più ampio, che comprenda l’aspetto etico della vita del mondo marino: abbiamo bisogno di uccidere queste creature? I polpi per esempio sono tra gli animali in assoluto più intelligenti, ci sono pesci che disegnano nella sabbia forme geometriche meravigliose per corteggiare la propria partner. Facciamo più fatica ad empatizzare con i pesci ma non per questo non meritano il nostro rispetto.

Cosa possiamo quindi noi?

Cambiare le nostre abitudini a tavola, spostare la nostra alimentazione verso una di tipo vegetale, facendo sì che l’ecosistema marino si ripristini, si ripopoli e torni ad essere un meraviglioso giardino sott’acqua.

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